Tra le aule del dipartimento e le stanze di casa si consumano le vicende che segnano l’esistenza banale di un uomo banale: William Stoner.
Titolo: Stoner
Autore: John Williams
Editore: Fazi Editore (fuori catalogo), Mondadori
Pagine: p. 332, Brossura
Voto: 4/5
Anno pubblicazione: 1965
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L’unica cosa di cui sono certo è che si tratta di un bel romanzo; col tempo, potrebbe persino essere considerato un romanzo molto bello. (John Williams, Woolley, 1986)
La trama
John William scrive un romanzo moderno, collocabile all’interno del genere letterario del campus novel, che parla della vita ordinaria di un uomo ordinario, riuscendo a renderla interessante malgrado e proprio in ragione alla sua mediocrità e che il lettore seguirà dalla sua nascita fino alla sua morte.
William Stoner proviene da una famiglia di contadini. Avvezzo al lavoro duro dei campi, scoprirà dentro di sé la passione per lo studio, in particolare per la letteratura e l’insegnamento.
La mia recensione
Parto col dire che avevo grandissime aspettative da questo libro, considerato ormai un classico moderno della letteratura statunitense. Le mie aspettative sono state attese, è stata una lettura molto piacevole che mi ha spinta alla riflessione e al ragionamento, però non mi sento né di annoverarlo tra i miei libri preferiti, né di dargli il titolo di “capolavoro”.
Se questo libro piace ai più, soprattutto al pubblico degli ultimi dieci anni, è perché parla di un uomo come tutti noi, quasi un modello di un certo atteggiamento nei confronti del mondo. A me è sembrata una figura ambivalente, quasi destabilizzante nell’imprevedibilità delle sue azioni. Ci sono stati momenti nel romanzo in cui sono rimasta sconcertata dall’inerzia del personaggio e da quello che può sembrare un comportamento pusillanime; ma allo stesso tempo, proprio dove parrebbe soccombere alla passività più disperata, la sua figura sembra trasmettere un senso di esemplarità morale e un’idea di virtù positiva e vitale.
Da insegnante ed amante dell’arte in tutte le sue forme, ho apprezzato che il libro celebri la fede nell’arte, la vocazione all’insegnamento e il valore del riconoscimento concesso dal tempo.
I personaggi
Stoner è una figura maschile anomala, che rompe con i cliché del soggetto auto affermativo e dell’uomo di successo. Ho amato molto la sua vocazione per l’insegnamento e la celebrazione del valore della letteratura.
Mi piace molto il confronto che Barbara Carnevali in La saggezza di Stoner fa tra Madame Bovary e Stoner:
Mentre Madame Bovary, che non ha una vocazione e dunque nemmeno un fondamento interiore, vive la lettura nella forma dell’imitazione vuota e del vagheggiamento inautentico di una vita diversa, Stoner trasforma il suo rapporto con i modelli letterari in un’etica costruttiva, sentendosi pienamente a “casa” nella propria esistenza, che accetta sempre per quello che realmente è, senza schiacciarla su immagini preesistenti.
I personaggi sono molteplici, e come in Madame Bovary rappresentano tanti stereotipi.
Iniziando proprio dal protagonista, Stoner è un uomo medio, un uomo qualunque, mediocre. La sua mediocrità si esprime da diversi punti di vista, tra cui il fatto di non poter essere classificato in modo stabile come un personaggio positivo o negativo. Da un lato è un eroe (o antieroe) che compatte le battaglie della sua vita quotidiana dal fallimento professionale alle traversie personali, resistendo e restando fedele ai suoi valori. I suoi nemici sono le persone a lui più vicine che per colpirlo si servono delle tattiche tipiche della guerra psicologica. Dall’altro lato però, Stoner è un uomo pieno di debolezze, facile alla rinuncia, a volte passivo in maniera insopportabile e destinato al fallimento.
Oltre a Stoner, con la sua stoica capacità di sopportazione, c’è la madre avvezza alle rinunce e e rassegnata alle sventure più incomprensibili, la moglie repressa e bovarista, i colleghi intellettuali e disabili che, pur avendo delle giustificate ragioni per il rancore, pretendono di essere risarciti dagli altri esseri umani del danno che hanno invece subito dalla natura e dal fato.
Nuova o vecchia edizione?
Se mi seguite sul mio canale igtv saprete che ho effettuato, negli ultimi mesi, parecchi scambi di libri sul portale Acciobooks (per sapere di cosa si tratta clicca qui). Quando ho visto che era disponibile l’edizione, ormai fuori commercio, della casa editrice Fazi Editore non me lo sono lasciata sfuggire! Innanzitutto perché la veste grafica mi piace molto di più rispetto quella offerta dalla Mondadori, inoltre sono presenti una pre e post fazione di Peter Cameron. La traduzione, in entrambe le edizioni, è di Stefano Tummolini.
La Mondadori, però, accompagna il romanzo con alcune poesie di John Williams. Mi sembra una scelta interessante in quanto il New York Times nel 1994, alla morte dello scrittore, lo ricorda più come un poeta ed educatore che come romanziere.
Se non avete molto tempo per leggere, o semplicemente volete farvi raccontare la storia da qualcun altro, io vi consiglio di ascoltare la voce di Sergio Rubini nell’audiolibro edito Emons. Questo attore italiano, che io amo molto, riesce a restituire perfettamente l’ambivalenze delle persone e delle situazioni.
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